di Pier Aldo Rovatti

L’abbiamo data per morta, l’ideologia politica, almeno a partire dalla cosiddetta caduta del muro di Berlino, eppure qua e là essa sopravvive nello scenario contemporaneo ma agisce anche presso di noi in una forma nuova, meno appariscente, o decisamente poco visibile, che vorrei cercare almeno di indicare in questo articolo.

Detto altrimenti, non possiamo limitarci a osservare, con distanza critica, quanto la storia del Novecento ha prodotto nei suoi risvolti spesso drammatici. Penso, per esempio, agli effetti ormai ben noti dell’ideologia sovietica nelle sue varie manifestazioni politico-culturali. Li guardiamo con piena consapevolezza come nel De rerum natura di Lucrezio l’osservatore, con i piedi piantati sulla terraferma, contempla ciò che avviene nelle acque agitate del mare. Partecipi, certo, ma tranquillizzati dalla certezza che quei naufragi non si ripeteranno più.

Come tanti, anch’io ho visto alla televisione le puntate della fiction dedicate alla tragedia di Cernobyl e al modo con cui venne artefatta la comunicazione delle conseguenze, anche a lunghissimo tempo (molto al di là del nostro oggi), di quel devastante inquinamento radioattivo, rispetto al quale le atomiche sganciate su Hiroshima sono quasi un pallido antefatto.

Poi, l’altro giorno, ho visto al cinema l’ultimo film del regista polacco Andrzej Wajda, Powidoki, che è stato tradotto con Il ritratto negato, anno 2016. Qui l’ideologia di regime è rappresentata come una caccia alle streghe, anzi a “una” strega identificata nel noto artista, Wladislaw Strzeminski, colpevole di aver diffuso un’idea di pittura diversa dal “realismo” di Stato. Se le streghe venivano bruciate, questo artista, molto lodato e riconosciuto nella Lodz di allora, subisce una completa cancellazione: privato di tutto, perfino dei buoni pasto, viene lasciato morire alla stregua di un miserabile reietto della società. Si sarebbe salvato se avesse abiurato al suo credo estetico e alla sua idea di vita futura.

In ogni caso, da qualunque spunto attuale partiamo, stabiliamo uno iato tra noi e un passato dove l’ideologia politica aveva una dominanza che presumiamo superata e sconfitta, e da ciò ricaviamo il sentimento di trovarci in un “dopo”, in un’esperienza post-ideologica. Ma le cose stanno davvero così? È molto dubbio, sia perché le ideologie autoritarie continuano in parte a tenere la scena politica, sia soprattutto per il fatto che hanno cominciato a proliferare ideologie – diciamo così – “di ricambio”, assai più microfisiche e meno identificabili. 

Nell’ipotesi non troppo peregrina che nessuno di noi, per quanto democratici vogliamo dichiararci, è davvero immune dalla tentazione ideologica, tanto nelle vite private quanto nelle pratiche sociali e pubbliche, sarebbe allora come se dovessimo continuamente difenderci da noi stessi e dal nostro desiderio di affermarci sugli altri. Ne va della mai risolta questione del potere. E faccio notare, tra parentesi, che una certa confusione tuttora esistente sul senso da dare alla parola stessa “ideologia” (incertezza che trova consistenti ridondanze anche a livello delle teorie più illuminate), se cioè possa essere adoperata positivamente per caratterizzare qualunque sistema di idee, è probabile che tragga origine proprio da simili considerazioni. 

Ma è l’ideologia più sottile, che oggi attraversa in maniera dominante la nostra compagine sociale, quella che dovremmo individuare e stanare. Essa è anonima, pervasiva, silenziosa. Striscia in mezzo a noi e alle nostre pratiche come se fosse un dato di fatto acquisito e indiscutibile. È il potere dei consumi, l’ideologia dello star bene, l’egoismo che ovunque impera senza trovare opposizione. Mi si obietterà che tutto ciò è vero, così come sono veri gli imperativi tecnologici che oggi prevalgono indiscussi in ogni settore della società avanzata. E se questa idea sottile di verità, che non ha bisogno di manifestarsi con tratti di esplicita violenza, si configurasse come l’attuale regime ideologico?

Se gli ideologi di oggi non stanno là in cima, non sono un partito, o un gruppo politico al potere, e quindi non sono più rappresentabili al modo delle narrazioni o delle fiction abituali, non vuol dire che le ideologie siano morte. Può significare, piuttosto, che hanno cambiato forma e si sono installate proprio dentro di noi.

[Pubblicato su “Il Piccolo” venerdì 9 agosto 2019]