di Pier Aldo Rovatti

Non è un’ulteriore metafora da applicare a un governo in cerca di anima. Sonno e apprendimento, il modo con cui vanno assieme, hanno a che fare specificamente con l’organizzazione della scuola: sono l’indice di quello che accade nelle aule e di come si può migliorare il rendimento di un’istituzione in evidente declino. Se diamo retta ai sondaggi, sette italiani su dieci percepiscono un simile andamento deficitario, senza contare il fatto che la scuola non compare nell’agenda politica se non nei posti di retroguardia.

Il confronto con l’Europa è sconfortante: finanziamenti a dir poco inadeguati e via via tutte le magagne, dagli insegnanti agli edifici. E se cominciassimo, intanto, a osservare quelli che potrebbero sembrare dettagli rispetto alla malattia strutturale, per esempio rivedendo gli orari? Al proposito, qualche giorno fa è stato diffuso un dato sperimentale: alcune classi di una scuola di Brindisi (l’Istituto tecnico-industriale Majorana) sono state fatte entrare alle nove, anticipando di un’ora l’inizio delle lezioni. Poi, dopo un periodo di prova, i risultati raccolti sono stati elaborati a Roma. Si è verificato che così gli studenti apprendono più facilmente.

Per chi ha avuto modo di mettere un occhio su quello che accade altrove (sperimentazioni di questo genere sono già un fatto acquisito in diversi paesi europei) si tratta di una novità relativa: i tempi di attenzione e il rapporto tra ore di sonno a disposizione dei ragazzi, con i conseguenti vantaggi a livello della capacità di apprendimento, sono ben noti ai ricercatori. Eppure, per noi, ha tutta l’aria di una scoperta sorprendente. Che cosa ostacola la diffusione di questa ritardata ora di ingresso a scuola, se è così chiaro che essa migliorerebbe l’attenzione e l’apprendimento?

La risposta, che parrebbe perfino retorica, ci fa scontrare con molte resistenze che riguardano, certo, il sistema scolastico ma che mostrano anche una sorta di tacito accordo tra scuola e famiglie. Innanzi tutto, ricordo che appartiene agli istituti scolastici il diritto di adottare gli orari più convenienti e che quindi non esiste alcun impedimento formale. Esiste, invece, una potente inerzia del sistema: ogni ripensamento di questo genere viene avvertito in genere come troppo dispendioso in termini di fatica. Meno scosse, anche piccole, subisce la macchina dell’istruzione, meglio è per tutti gli addetti che dovrebbero mettersi a riprogrammare quanto già funziona per inerzia. Considerata la mole di lavoro, la penuria di personale e le scarse remunerazioni, meglio il sano immobilismo del tirare avanti senza disturbi.

Per farci belli, seguitiamo a ripetere che i veri soggetti della scuola sono gli studenti, o alunni come ancora si preferisce chiamarli forse nel sospetto che lo studio non sia al centro della loro attività. E allora, alle competenti conclusioni degli esperti, affianchiamo almeno la registrazione dei pareri dei ragazzi, del che per ora si ha poca o nessuna notizia come se fosse un dato pleonastico e dunque inutile. “Certo che direbbero di sé all’iniziativa, dormirebbero un’ora di più!”, par di sentire in coro.

Questi presunti “soggetti”, cioè gli studenti, vengono spesso macchiati di nefandezze come il bullismo e comunque, in blocco, ritenuti degli scansafatiche con debite eccezioni. Così il cerchio si chiude passando la mano a psicologi e sociologi interessati a comporre, non senza qualche disinvoltura scientifica, addirittura i caratteri di una generazione. In ogni caso, la scuola è un pezzo, certo importante, delle loro vite che implicano altri pezzi, la famiglia e le amicizie, e altre esperienze esterne, in un tutto non separabile. Lo sottolineo per il fatto che le famiglie, direi ovviamente, dovrebbero essere interessate a un’eventuale modificazione dell’orario.

Oggi, qui da noi, si entra alle otto. In Europa si calcola che la media siano le otto e trenta. Cosa produrrebbe nelle famiglie un ingresso alle nove? Anche questo bisognerebbe un poco documentare. Verificare in che cosa precisamente consistano gli eventuali dubbi. Ho l’impressione che la visione standardizzata di tale aspetto della questione possa essere significativamente corretta: spesso capita infatti che il figlio o i figli si sveglino e si alzino dal letto prima dei genitori, lasciando intravedere uno spaccato alquanto curioso della società attuale. Se fosse davvero così, l’entrata alle nove correggerebbe una scena mattutina abbastanza incongrua.

Mio figlio ha dodici anni e fa la seconda media. L’altro giorno mancava un insegnante (come capita non raramente) e lui ha potuto entrare alle nove alzandosi alle sette e mezza quando era già giorno. Lui era più allegro. Abbiamo fatto tutti colazione assieme in maniera simpatica. Ho anche pensato: lui impiega mezz’ora per arrivare a scuola, e di quelli che impiegano il doppio o il triplo del tempo come è fatto il normale risveglio? (Saranno pronti ad “apprendere”?)

[Pubblicato su “Il Piccolo” il 22 novembre 2019]