Le rapide trasformazioni del mondo (sempre più frequentemente si parla di svolta epocale) ci rendono incapaci di comprendere la realtà che ci circonda, talvolta persino la nostra vita ci appare priva di senso. Il racconto distopico immaginato da Aldous Huxley nel 1931 (quasi un secolo fa!), ancora ci appare proiettato in un mondo futuro, ma in un futuro che ora percepiamo come meno lontano e niente affatto impossibile. Saper abitare il presente, forse, implica anche una consapevolezza rispetto a dove stiamo andando.
Le nostre comprensioni passano inevitabilmente attraverso il linguaggio. Non solo il modo in cui un contenuto è comunicato, ma proprio le parole usate nella comunicazione determinano il senso che il ricevente attribuisce al messaggio. Negli ultimi anni circola nuovamente una parola che era diventata desueta, propaganda – il più efficace veicolo di falsificazione intenzionale del linguaggio.
In Il mondo nuovo, Huxley ci risucchia in un mondo regolato dalla falsificazione dei significati, e dalla manipolazione della persona, al fine di realizzare la promessa di una felicità perenne tanto fasulla quanto attraente, e quindi convincente. Prendendo spunto da questo racconto, avremo modo di interrogarci sul senso delle parole in relazione al contesto nel quale vengono usate e, allo stesso tempo, potremo mettere in relazione il potere della parola con il corpo che abitiamo.
Testo di riferimento:
Aldous Huxley, Il mondo nuovo. Ritorno al mondo nuovo (1932), Mondadori, Milano 1961.
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